Nella Giunta comunale faentina è il più giovane con i suoi 29 anni ed è il primo assessore della lista civica “Faenza Cresce”, sorta in prossimità delle elezioni del 20 e del 21 settembre mettendo insieme diverse esperienze tra cui la basilare “Faenza 40 20”, trasformatasi recentemente in associazione. Davide Agresti è comparso in tempi recenti sulla scena politica faentina, dopo oltre un decennio di studio e lavoro. “Lasciai la scuola a 18 anni non ancora diplomato, cosa a cui ho provveduto un paio d’anni più tardi, per potere anche lavorare all’estero nel settore turistico; – dice – lungo il mio percorso ho incrociato la Caritas con cui sono stato in Libano, dopo essere stato per alcuni anni in Egitto e Grecia. Ho viaggiato parecchio anche facendo volontariato e, quando sono tornato a Faenza, mi sono iscritto all’Università che intendo terminare, ho iniziato a lavorare in Caritas e oggi sto finendo un percorso di laurea in cooperazione e sviluppo internazionale. Sono un analista dell’Istituto Analisi Relazioni Internazionali per il quale mi occupo di Medio Oriente. La geopolitica, la politica estera sono sempre state le mie passioni; la politica locale è arrivata dopo.”

Considerate le amare vicende di Giulio Regeni e di Patrick Zaki, è così facile ritrovarsi nei guai in Egitto?

“Sì. Le carceri sono piene… Sono stato in quel Paese per circa un anno: vi arrivai nel marzo 2011; la cosiddetta “primavera araba” era iniziata da poco. Abitavo lontano dal Cairo: ho provato ad andarci un paio di volte e non ci sono mai riuscito per ragioni di sicurezza.”

La sua comparsa ufficiale sulla scena politica faentina si può fare risalire all’autunno 2018 quando nacque l’associazione “Faenza 40 20”.  

“Faenza 40 20 mi ha portato ad occuparmi dei temi di Faenza: lì ho trovato un gruppo di persone volonterose e amiche di varie generazioni; è stato un bel laboratorio. In tanti ci siamo poi impegnati in “Faenza Cresce”, altri in diverse realtà. Ricordo che proprio un anno fa esatto mi chiamò la Caritas nazionale per lavorare con l’ufficio di Roma: accettai immediatamente, perché per me era un sogno. A febbraio arrivò l’emergenza sanitaria e cambiarono diverse cose: tra queste si inserì il mio impegno da portavoce della nascente lista civica Faenza Cresce”.

Qual è stato il segreto dell’ottimo consenso di “Faenza Cresce”?

“Sembra una banalità, ma i faentini ci hanno preso molto sul serio. A fare la differenza sono state le persone coinvolte, alle quali la gente è riuscita ad approcciarsi con stima e con una percezione di estremo interesse per quanto noi stavamo portando avanti.”

Vogliamo metterci anche la migliore comunicazione di tutta la campagna elettorale?

“Ecco, forse anche questo è stato uno dei segreti del nostro risultato. È stato pure un piccolo orgoglio, perché avevamo contenuti da comunicare, le persone credibili per portare avanti quei contenuti, ma anche una forma fresca ed accattivante. Abbiamo messo in piedi una piccola squadra di sei persone, che io ho coordinato come animatore, composta da veri professionisti, esperti della comunicazione digitale e di marketing, grafici: tutti si sono voluti impegnare per Faenza Cresce”.

In tema di “Politiche sociali e contrasto alle disuguaglianze”, quale Faenza si affaccia al 2021, dopo i morsi di una crisi generalizzata, una ripresa graduale ma lenta che in marzo si è infranta sul muro dell’emergenza sanitaria?

“Sarà un 2021 molto impegnativo: lo si può capire anche dai telefoni dei Servizi Sociali che squillano di continuo, ogni giorno. Ci sono persone preoccupate e disuguaglianze che sono aumentate; persone più precarie dal punto di vista economico e delle relazioni. La crisi che ci sta attanagliando non è solo sanitaria. In questo momento ci sono anche determinati “argini” che stanno comunque tenendo un fiume in piena: i fondi che arrivano dallo Stato, quelli che arriveranno dall’Unione Europea. Come Comuni, in questo momento ci siamo trovati a potere mettere in atto azioni consistenti per il nostro bilancio dal punto di vista dell’aiuto economico, che non so per quanto tempo sarà possibile mantenere. Non si può escludere che, finita l’emergenza sanitaria, arriveranno meno fondi nelle nostre casse e quindi salteranno un po’ quegli argini. L’emergenza sanitaria potrà concludersi tra qualche mese, come spero, ma l’emergenza sociale continuerà nei mesi e negli anni prossimi. In particolare, vedo tre segmenti della nostra comunità che potrebbero essere in difficoltà: gli anziani, i disabili, gli adolescenti. Avranno, in modo diverso, la necessità di ritrovare la socialità che oggi non hanno più. Su loro vogliamo indirizzare nei mesi prossimi le nostre attenzioni, cercando eventualmente formule alle quali prima non avevamo pensato. Queste deleghe, assieme a quella strettamente collegata delle politiche abitative, sono quelle a cui dedico più tempo in queste prime settimane di mandato e sono convinto che sarà così anche in futuro. Tengo a dire che sono stato nominato assessore da circa due mesi e ho voluto l’ufficio quasi al centro di quelli dei “Servizi alla comunità” per essere a contatto diretto con le problematiche: vedo una situazione di costante aumento del bisogno ed ho trovato un ambiente di persone affaticate, ma competenti, resilienti e pronte a dare il tutto per tutto. Noto tanti dipendenti dei Servizi che vanno spesso oltre l’orario lavorativo mettendo cuore e anima.”

Come distinguere fra chi ha bisogno e non lo chiede e chi chiede senza avere bisogno?

“Una parte della risposta a questa domanda è il lavoro dell’assistente sociale che verifica, che parla, che conosce i nuclei familiari che vengono a bussare alla nostra porta. Intercettare chi ha bisogno ma non chiede è un lavoro che va implementato e che va di pari passo con un coordinamento con i corpi intermedi: non può essere soltanto questo Ufficio, ed è quello che un po’ stiamo cercando di portare avanti nel coinvolgimento dell’associazionismo, del privato-sociale. Sono persone che tramite le loro attività si possono accorgere del disagio che fa più fatica ad emergere. Mettere a sistema, coordinare, “creare una filiera” di condivisione, di distribuzione di informazioni fra il mondo del volontariato e del privato-sociale, dell’associazionismo con questo Ufficio, con l’Istituzione, credo che sia la maniera più semplice, più virtuosa, anche geograficamente e demograficamente valida per potere fare emergere un disagio che altrimenti non si paleserebbe a noi come Ufficio. È un percorso su cui ci stiamo interrogando, io per primo, non è un obiettivo raggiunto, è un obiettivo perseguibile. In questi due mesi abbiamo fatto qualcosa che io ritengo importante: sussidi per coloro che hanno visto non rinnovare il proprio contratto di lavoro, ossia per un nuovo precariato lavorativo, e da lunedì 7 dicembre elargizione di buoni-spesa. In entrambi i casi ci siamo interrogati molto per come tutelare il diritto di accedere a queste misure ed evitare i furbetti. In certi casi c’è proprio un patto con la cittadinanza, nel senso che in questo momento di emergenza, di urgenza, anche di potere erogare determinati contributi in maniera rapida, ci si affida anche al senso di responsabilità dei cittadini. Però assieme ad altri enti ed istituzioni vogliamo salvaguardare i diritti di chi ha bisogno: lo facciamo con la Guardia di Finanza, con l’Inps, con gli uffici comunali per le informazioni necessarie.”

Può essere un obiettivo dell’assessore Agresti lavorare per ridurre la frammentazione della beneficenza? Ovvero, sul territorio non ci sono troppe associazioni che svolgono il medesimo ruolo disperdendo risorse preziose? Si può lavorare per “unificare” in “centrali” che non si contendano volontari, alimenti e altri benefici ai bisognosi?

“Credo che ogni associazione abbia un proprio carisma, in senso ampio, quello forse che il Comune può fare è facilitare il coordinamento, il dialogo fra questi soggetti. Nell’urgenza di queste settimane e nella criticità in cui viviamo penso che qualcosa di buono si possa prendere. Per esempio, noi abbiamo instaurato una sorta di “tavolo del Terzo Settore” per l’emergenza Covid; qualcuno l’ha anche frainteso, però è qualcosa di molto semplice: fare per l’emergenza Covid, per dei bisogni sociali un tavolo di coordinamento con tutte le associazioni. È un qualcosa fatto in fretta e nell’urgenza del momento, ma che per il domani potrebbe essere un metodo di lavoro che potrebbe proseguire nei mesi prossimi, dove il Comune è il principale promotore e animatore di dialogo fra varie realtà, un “accentratore” di confronto.”

Politiche abitative: le liste di assegnazione degli alloggi popolari si aprono con una lunga fila di persone chiaramente non italiane. Senza infrangere le leggi nazionali o regionali, si può arrivare a una sorta di “bilanciamento” che non veda i faentini in crescente stato di bisogno in posizioni di graduatoria tali da perdere la speranza? Si può pensare a due liste “parallele”?

“Io faccio l’assessore del Comune di Faenza, quindi mi interesso di offrire una risposta ai residenti faentini. Il tema della residenza è uno degli elementi, uno dei requisiti che indicizzano e formano le graduatorie per gli alloggi popolari. Come Istituzione siamo chiamati a dare una risposta ai nostri residenti, a chi la città la vive, ai nostri lavoratori, ai nostri volontari, ai nostri nuclei familiari, ai genitori che portano i figli nelle nostre scuole, a chi fa volontariato nelle nostre associazioni premurandoci, e questo lo fa la graduatoria per gli alloggi popolari, che siano persone che vivano e contribuiscano alla vita della nostra città con le tasse, coi loro acquisti, quindi non la persona che è arrivata ieri l’altro, senza però farci ostacolare dalla cittadinanza delle persone che invece la città la abitano. L’obiettivo che ci dobbiamo porre in senso ampio è quello di dare la risposta più ampia possibile ovviamente commisurata agli strumenti, ai bilanci, alle misure che abbiamo. In questi due mesi ho compreso che il tema della casa è enorme e ad esso vanno date più soluzioni possibili: io mi sto spendendo per cercare esperienze virtuose sugli altri territori allo scopo di capire come mettere mano a questo tema.”

Come funziona la delega all’Europa?

“Si tratta di coordinare le politiche europee: col 2021 inizieremo il nuovo settennato dei fondi europei inteso come Fesr, Fondi di Sviluppo, Fondi Strutturali e così via. Mai come nei prossimi anni avremo la possibilità, l’opportunità, di vedere arrivare se lavoriamo bene finanziamenti dell’Unione Europea. Le politiche europee è un settore di cui mi occupavo anche prima nella Caritas Diocesana ed ho potuto toccarne con mano la valenza, l’importanza; non è soltanto un orizzonte ideologico. Immagino l’orizzonte di Faenza nei prossimi anni come una città attenta alla sua comunità con una proiezione importante all’esterno. L’Europa è la nostra casa comune: io credo di esserci cresciuto con questa convinzione; ho viaggiato tanto e mi sono sempre sentito un cittadino molto europeo. Anche come Unione della Romagna Faentina dovremo elaborare progetti concreti che “convincano” l’Unione Europea a finanziarceli: il mio ruolo di assessore è dare l’indirizzo politico, ossia a determinare dove si vorrà investire. Nella sicurezza urbana? Nell’innovazione? Nella trasformazione digitale? Nella partecipazione? Nel costruire una comunità più resiliente tramite percorsi partecipativi? Ecco, vediamo se l’Unione Europea può dare una mano: sia in termini di partnership, quindi di sapere condiviso, sia in termini di finanziamento. E questo, ed è importantissimo, va fatto di concerto con la Regione Emilia-Romagna, perché è uno snodo importante dell’arrivo di questi finanziamenti. L’assessore è la persona che andrà in Regione ed instaurerà un dialogo: io sto già cercando di farlo.”

Faenza è gemellata con nove città nel mondo: Toki (Giappone), Fiume (Croazia), Talavera de la Reina (Spagna), Timisoara (Romania), Amaroussion (Grecia), Bergerac (Francia), Schwäbisch Gmünd (Germania), Gmunden (Austria) e Jingdezhen (Cina). Impensabile attualmente a proporre viaggi-scambio o, comunque, contatti diretti. Cosa si fa nel frattempo?

“Cerco di essere realista e confido che avremo un allentamento dell’emergenza sanitaria nel prossimo autunno. Se si riuscirà a vaccinare la popolazione e se si attenua in estate la forza del virus, forse si riuscirà a fare qualcosa. Nel frattempo questa parte delle mie deleghe è limitata allo scambio di email ed a qualche incontro on line.”

Tra i suoi compiti c’è anche quello, del tutto nuovo, di avviare Faenza a diventare una “smart city”, ossia una città intelligente: c’è un intersecarsi con la pianificazione urbanistica?

“Sì, ma non solo. Si interseca molto anche con i progetti strategici della nostra città. Non dobbiamo limitarci a pensare che avere una città intelligente voglia dire avere una città più tecnologica, ma anche avere una città che tramite la tecnologia promuove e alimenta comportamenti virtuosi. Io immagino una città collaborativa, in grado con gli strumenti dei nostri giorni ad entrare in connessione, in relazione in maniera sempre più fluida, più potente. Non si tratta solo del wifi pubblico, di nuove telecamere o della nuova applicazione per il parcheggio: dovrà essere anche questo; dobbiamo trovare il modo che le nuove tecnologia siano fruibili dalla maggior parte possibile dei cittadini e soprattutto che aiutino i cittadini ad entrare in connessione fra loro e con i servizi della città.”

di faenzanotizie.it
Articolo originale: https://www.ravennanotizie.it/politica/2020/12/15/faenza-parla-davide-agresti-lassessore-civico-che-studia-politica-internazionale-e-pensa-alla-citta-intelligente/